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Tecnologie per le auto a confronto

Aggiornamento: 6 giorni fa


Numerosi studi hanno fatto comparazioni, da quello realizzato dall’Interntional Council on clean Transportation (Icct) a quello commissionato nel 2022 dal ministero dell’Ambiente allora guidato da Roberto Cingolani e arrivano tutti alla stessa conclusione. Vediamole attraverso l’indagine più recente condotta dalla società di consulenza specializzata Ricardo Group per la Federazione internazionale dell’automobile organizzatrice, tra l’altro, del campionato mondiale di Formula 1. I veicoli presi in considerazione sono quelli a benzina (Icev-G), diesel (Icev-D), ibridi a benzina senza ricarica (Hev-G), ibridi a benzina con ricarica (Phev-G), elettrici a idrogeno (Fcev), elettrici a batteria (Bev). Per ciascuno sono state misurate le emissioni in grammi di CO2 al chilometro tenendo conto di tutto: produzione del veicolo, produzione del carburante, emissioni allo scarico durante l’uso, emissioni legate alla manutenzione e allo smaltimento



Dalla culla alla tomba

I risultati mostrano che già oggi i veicoli migliori per ridurre la CO2 in tutto il loro ciclo di vita sono quelli elettrici: 100 grammi a km, contro i 267 dell’auto a benzina, i 197 dell'ibrida senza ricarica, i 166 con ricarica, i 136 a idrogeno. È vero che nei prossimi anni le emissioni delle auto con motore a scoppio si ridurranno grazie all’uso dei carburanti bio e sintetici, ma nello stesso tempo, con l’uso di energia sempre più prodotta da fonti rinnovabili, e l’avanzamento tecnologico nella produzione e smaltimento di batterie, anche le emissioni delle auto elettriche si ridurranno in modo ancora più rilevante. Nel 2050 le auto elettriche emetteranno un terzo di CO2 in meno a chilometro rispetto alle auto a idrogeno, l’86% in meno di quelle a benzina, l’82% in meno di un’auto diesel e il 73% in meno di una ibrida ricaricabile.



Un elemento cruciale nella tecnologia delle batterie è la densità energetica, ovvero la quantità di energia immagazzinata per unità di peso. I motori a combustione tradizionali vantano valori molto superiori rispetto alle batterie impiegate nei veicoli elettrici. I carburanti fossili raggiungono una densità energetica di circa 13.000 Wh/kg, mentre le batterie agli ioni di litio (Li-ion), tra le più diffuse negli elettrici, offrono solo tra i 150 e i 180 Wh/kg arrivando alle ultime tecnologie che promettono 500Wh/kg.


I produttori stanno affinando la composizione delle batterie agli ioni di litio per aumentarne densità energetica, durata e sicurezza. Sul lato del catodo, la chimica tradizionale NMC (Nickel-Manganese-Cobalto) – la più diffusa nei veicoli elettrici – sta evolvendo verso formulazioni a più alto tenore di nickel e meno cobalto, sia per migliorare la capacità sia per ridurre la dipendenza da un materiale costoso e problematico (il cobalto, raro e spesso estratto in condizioni eticamente controverse). Ad esempio, si stanno affermando catodi NMC “a basso Co” e la chimica concorrente NCA (Nickel-Cobalto-Alluminio), che offre prestazioni similari con minore contenuto di cobalto. Sul lato dell’anodo, accanto alla grafite tradizionale, si sperimentano materiali ad altissima capacità come il silicio: gli anodi al silicio potrebbero offrire una capacità specifica circa 10 volte superiore alla grafite, aumentando sensibilmente l’autonomia delle batterie. La sfida con il silicio è gestire le sollecitazioni meccaniche durante i cicli di carica (il silicio si espande e contrae, degradandosi); tuttavia, tecniche come l’uso di nanostrutture o compositi silicio-carbonio stanno mostrando progressi nel contenere questi problemi. Un’altra innovazione cruciale è lo sviluppo di elettroliti solidi (polimerici, inorganici o ibridi) in sostituzione dell’elettrolita liquido infiammabile oggi usato nelle Li-ion. Le batterie allo stato solido promettono di essere più sicure (niente solventi volatili o rischio di fuoriuscite) e permettono di impiegare direttamente litio metallico come anodo – il litio metallico ha una capacità enorme, paragonabile al silicio, senza la limitazione strutturale dell’host in grafite. Ciò potrebbe aumentare drasticamente l’energia specifica delle celle. Restano da risolvere problemi come la formazione di dendriti di litio (filamenti che possono perforare l’elettrolita solido causando cortocircuiti), ma le ricerche in corso mirano proprio a elettroliti solidi e interfacce che impediscano tali fenomeni. Le prime batterie litio semi-solide o con elettrolita misto sono attese sul mercato automobilistico intorno alla metà di questa decade, con diversi prototipi già annunciati da case come Toyota, Nissan e startup specializzate.


Batterie di nuova generazione

Parallelamente al miglioramento delle Li-ion convenzionali, si stanno sviluppando chimiche di batteria radicalmente nuove, alcune delle quali potrebbero trovare applicazione in ambito stazionario e nei veicoli del prossimo futuro. Tra queste, spiccano:

  • Batterie litio-zolfo (Li-S): utilizzano zolfo al posto dei costosi metalli di transizione nel catodo, promettendo costi molto più bassi e una capacità teorica elevatissima (lo zolfo può accettare più elettroni per grammo rispetto agli ossidi metallici). Ostacoli come la vita ciclica breve (dovuta alla dissoluzione dei composti di zolfo) sono in via di superamento grazie a nuovi materiali per il catodo e l’elettrolita. La tecnologia Li-S sta uscendo dai laboratori: nel 2024 negli USA è stata annunciata la costruzione della prima fabbrica al mondo di batterie litio-zolfo (a Reno, Nevada), con un investimento da 1 miliardo di dollari e capacità produttiva prevista di 10 GWh/anno. Ciò indica la crescente maturità di questa soluzione, potenzialmente adatta sia ad applicazioni su veicoli elettrici a lunga autonomia sia ad accumuli stazionari dove il costo per kWh è cruciale.

  • Batterie sodio-ione (Na-ion): sostituiscono il litio con il più abbondante sodio, mantenendo un funzionamento elettrochimico simile. Hanno tipicamente una densità energetica inferiore alle Li-ion, ma presentano vantaggi di costo e disponibilità delle materie prime (il sodio si trova nel comune sale da cucina) e migliore funzionamento a basse temperature. Nel 2023–2024 i grandi produttori cinesi hanno fatto importanti passi avanti: CATL ha lanciato la seconda generazione delle sue batterie Na-ion, raggiungendo 160–200 Wh/kg, e ha annunciato la prima applicazione su veicoli del marchio Chery, con una batteria ibrida che combina celle sodio e celle litio per offrire oltre 400 km di autonomia e ricarica rapida 4C. Secondo il fondatore di CATL, le batterie sodio-ione potrebbero coprire fino al 50% del mercato oggi destinato alle batterie al litio-ferro-fosfato, diventando una soluzione competitiva soprattutto per veicoli economici e accumuli stazionari a basso costo. La produzione su vasta scala delle Na-ion è attesa dopo il 2025, ma già ora esiste una filiera industriale di base pronta a espandersi con la crescita della domanda.


    🔋 Le batterie agli ioni di sodio di CATL alimentano il nuovo SUV di Aito con ricarica ultrarapida 12C! ⚡


    ⚡CATL ha lanciato una linea di produzione "factory-in-factory" (FiF) all'interno dello stabilimento Seres di Chongqing, consentendo l'integrazione in tempo reale della batteria per il prossimo SUV di Aito. Ciò riduce i ritardi dei componenti a meno di 20 minuti e garantisce la consegna dei componenti in giornata, rivoluzionando l'efficienza della produzione di veicoli elettrici.


    🔋 Batteria "Naxtra" agli ioni di sodio: specifiche chiave Ricarica


    ✅ ultrarapida 12C: 10-80% di carica in <10 minuti (ad esempio, il pacco da 100 kWh gestisce una ricarica da 1,2 MW).  


    ✅ Extreme Weather Master: funziona da -40°C a 70°C, ideale per gli inverni artici o il caldo del deserto.  


    ✅ Densità energetica: 175 Wh/kg, la più alta al mondo per le batterie agli ioni di Na prodotte in serie, in grado di competere con il litio LFP.  


    ✅ La sicurezza prima di tutto: la tecnologia "firewall" integrata sopravvive ai test di frantumazione/perforazione senza incendio/esplosione.



    Gioca


    🚗 al nuovo SUV di Huawei Aito: due versioni


    1️⃣ EREV (Extended-Range): utilizza la batteria "Freevoy" contenente sodio di CATL per un intervallo di temperatura più ampio.

    2️⃣ BEV (All-Electric): Dotato della batteria Qilin di CATL (probabilmente potenziata con sodio). 🔍 *Presentata come una "auto di grande volume" (probabilmente Aito M6 o M7 di nuova generazione), destinata a "definire il nuovo lusso".


    🌍 Perché questo è importante


    Crollo dei costi: l'abbondanza di sodio riduce i costi delle materie prime del ~30% rispetto al litio. Renewable Grid Boost: la ricarica a 12C consente l'accumulo di energia solare/eolica con bilanciamento istantaneo della rete. Il trio CATL-Seres-Huawei accelera la commercializzazione delle batterie agli ioni di sodio mentre i rivali sono in ritardo.


    🔮 Qual è il prossimo passo?


    Con la produzione di massa a partire dal 2025, la tecnologia agli ioni di sodio potrebbe:


    Democratizzare i veicoli elettrici: la ricarica ultraveloce rende i veicoli elettrici pratici per gli abitanti degli appartamenti. Sfida litio: CATL mira a catturare il 30~50% del mercato ESS/EV di fascia bassa entro il 2027


    Anche aziende come BYD stanno investendo in questa tecnologia, segno che il sodio-ion è considerato uno dei candidati più promettenti per diversificare l’offerta di batterie.

    I bassi costi di produzione e la grande abbondanza delle materie prime rendono le batterie agli ioni di sodio una promettente alternativa alle ben più diffuse batterie agli ioni di litio. Nonostante questo potenziale, il progresso del segmento è ostacolato da due sfide principali: la densità energetica relativamente bassa, che mina la loro competitività sul mercato di queste batterie sul mercato; e l’uso di elettroliti liquidi organici, con annessi problemi di sicurezza.

    Per affrontare questi problemi, la ricerca si è focalizzata sugli elettroliti solidi, intrinsecamente più sicuri e in grado di far crescere la densità di energia grazie all’utilizzo di anodi in sodio metallico.

    Ma la quadra è ancora lontana. Ogni elettrolita solido porta con sé vantaggi e svantaggi. In molti casi uno dei punti deboli da risolvere è la bassa conduttività ionica. Sfida a cui oggi vengono in soccorso i conduttori superionici di sodio (NASICON) come materiale per elettrodi.

    Gli ultimi progressi in questa particolare branca arrivano da team internazionale di ricercatori interdisciplinari, tra cui il Canepa Research Laboratory dell’Università di Houston. Il gruppo ha trovato un modo semplice per sintetizzare un particolare conduttore superionico di sodio. Parliamo del il fosfato di sodio e vanadio con formula chimica NaxV2(PO4)3.

    A differenza dei materiali esistenti, questo composto ha un modo unico di gestire il sodio, che gli consente di funzionare come un sistema monofase. In altre parole rimane stabile mentre rilascia o assorbe ioni sodio, e quindi durante la carica e la scarica. Erogando al contempo una tensione continua di 3,7 volt rispetto al sodio metallico, superiore ai 3,37 volt dei materiali esistenti.

    Sebbene sulla carta questa differenza possa sembrare piccola, a livello di densità energetica il miglioramento è sensibile: più 15%. I test hanno mostrato che le batterie agli ioni di sodio con il nuovo materiale vantano una densità energetica di 458 Wh/kg rispetto ai 396 Wh/kg delle vecchie batterie agli ioni di sodio.

    La chiave della sua efficienza è il vanadio (V), che può esistere in più stati stabili, consentendogli di trattenere e rilasciare più energia. “Il continuo cambiamento di tensione è una caratteristica fondamentale“, ha affermato Canepa. “Significa che la batteria può funzionare in modo più efficiente senza compromettere la stabilità dell’elettrodo. È un punto di svolta per la tecnologia agli ioni di sodio”.

    Le implicazioni di questo lavoro vanno oltre le batterie agli ioni di sodio. Il metodo di sintesi utilizzato per creare NaxV2(PO4)3 potrebbe essere applicato ad altri materiali con chimiche simili, aprendo nuove possibilità per tecnologie avanzate di accumulo di energia. Ciò potrebbe a sua volta avere un impatto su tutto il segmento energetico.

    I risultati sono pubblicati sulla rivista Nature Materials.


La partita dell’idrogeno

A conti fatti solo l’auto a idrogeno si avvicina alle emissioni dell’auto ricaricata alla presa di corrente, perché allo scarico emette vapore acqueo. Il problema è che per produrre l’idrogeno ci vuole molta acqua e molta energia. «Nell’auto elettrica a idrogeno uso l’energia per produrre l’idrogeno attraverso elettrolisi dell’acqua, poi devo fare il pieno di idrogeno, che poi a sua volta viene usato per produrre l’energia per muovere l’auto – dice Nicola Armaroli, dirigente di ricerca presso il Cnr – mentre nell’auto elettrica prendo l’energia e la uso direttamente per caricare la batteria dell’auto: in pratica, per fare gli stessi chilometri, ci vuole tre volte l’energia di un’auto elettrica ricaricata con la presa». Quindi, partendo dal presupposto che l’energia usata per entrambe le tecnologie sia prodotta da fonte rinnovabile, il processo per produrre idrogeno è meno efficiente. Sul mercato oggi ci sono 2 modelli a idrogeno, la Toyota Mirai (76.800 euro) e la Hyundai Nexo (78.300 mila euro), e in Italia circolano in totale 65 auto. Da inizio anno ne è stata venduta una sola (dati Acea) e i distributori di idrogeno al momento sono due, a Mestre e Bolzano. La Strategia Nazionale Idrogeno, del novembre 2024 prevede la realizzazione di almeno 40 stazioni entro il 2026. Tuttavia nello stesso documento si legge: «Il trasporto leggero su strada non può essere considerato un settore “difficile da abbattere”, in quanto la soluzione full electric è già una realtà consolidata. Le efficienze energetiche molto inferiori ed i conseguenti costi di gestione superiori non rendono competitivo questo tipo di soluzione che può, invece, avere applicazioni per le navi o gli autobus e mezzi pesanti».


I carburanti sintetici

Si chiamano così gli e-fuels e, per produrli, si parte dall’idrogeno per poi combinarlo con la CO2 catturata nei grandi impianti industriali. Si ottiene un carburante a basse emissioni poiché l’anidride carbonica emessa durante la combustione è pari a quella utilizzata per la sua produzione. Un processo lungo, molto energivoro e costoso: oggi gli e-fuel costano fra i 3 e 5 euro al litro. Al momento le auto a e-fuel ancora non ci sono ma, dopo l’accanita battaglia della Germania, la Ue ha dato il via libera alla produzione del motore endotermico anche dopo il 2035, a condizione che sia alimentato con questo tipo di carburante. Si tratterà però di una applicazione di nicchia, per accontentare chi non vuole rinunciare alle supercar con il motore a scoppio. E infatti ci sta investendo Porsche a Punta Arenas, nella Patagonia cilena, dove ha un piccolo impianto che produce 100 tonnellate all’anno di carburante sintetico. Per avere un’idea delle dimensioni: nel mondo ogni anno utilizziamo 2,5 miliardi di tonnellate di carburante per il trasporto su strada. 


Il limite e le truffe dei biocarburanti

L’Italia punta molto sui biocaburanti che, però, non sono tutti uguali, come è ben specificato nelle direttive europee. Si possono definire «bio» se prodotti localmente con materiali di scarto (degli allevamenti, dell’industria o agricoli); se invece si sottraggono terreni alle coltivazioni agricole per piantare mais o soia da trasformare in biomasse, la storia cambia.I biocarburanti messi sul mercato in Italia sono prodotti in buona parte con materie prime che viaggiano per migliaia di km: dalla Cina arrivano 541 mila tonnellate, dall’ Indonesia 217, dalla Malesia 101. Peraltro di origine dubbia. Prendiamo i biocarburanti prodotti con il Pome, un residuo di produzione dell’olio di palma e per questo considerati sostenibili. Ma, secondo l’associazione europea T&E, la quantità disponibile di Pome sul mercato è pari a 1 milione di tonnellate l’anno, mentre il consumo dichiarato per i biofuel è di due milioni di tonnellate. Vuol dire che c’è dell’olio di palma spacciato per Pome che viene usato per produrre biocarburanti. Quindi non è più di prodotto di scarto, ma proviene da coltivazioni dedicate. Il dato certo è che biocarburanti «buoni» sono inevitabilmente in quantità limitate. Secondo Transport & Environment, quelli realmente prodotti da rifiuti e residui permetterebbero di alimentare appena il 5% del veicoli circolanti in Italia.Resta il fatto che in base alla normativa europea in vigore i biocarburanti non potranno essere utilizzati per alimentare auto con il motore a scoppio dal 2035.Secondo la European court of auditors «la gran parte dei biocarburanti potrebbe servire per aviazione e trasporto marittimo»




In conclusione se parliamo di aerei e navi l’elettrico o è svantaggioso o non funziona. Pensiamo ai voli intercontinentali: non c’è batteria adatta per renderli possibili. La batteria non è sempre la soluzione migliore nemmeno per gli autobus extraurbani, non a caso i bus a idrogeno venduti nel 2024 sono stati 903, 1.466 nella prima metà del 2025. Quindi per i trasporti pesanti tutto sarà meno impattante dei carburanti fossili e, quindi, ben vengano i biocarburanti, gli e-fuels, l’idrogeno. Se invece parliamo di auto, come abbiamo visto, quelle elettriche sbaragliano le altre nella riduzione delle emissioni di CO2. Inoltre sono più efficienti. Secondo l’indagine di Trasport&Environment, oggi il 77% dell’energia generata dall’auto elettrica si trasforma in movimento, mentre in quella a benzina solo il 20%, il resto si disperde. Insieme alle particelle di Pm10 che rendono l’aria delle città irrespirabile. Se guardiamo al 2050 l’efficienza dell’elettrico salirà all’81%, contro il 42% dell’auto a idrogeno e il 16% degli e-fuels. Non si usi il paravento della neutralità tecnologica per continuare con le guerre ideologiche. La transizione sarà difficile, ma inevitabile, e avrà un prezzo. Bisognerà allora prendere decisioni che tengono insieme le questioni ambientali con quelle economiche e sociali. Ma raccontando ai cittadini le cose come stanno.

 
 
 

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